lunedì 12 gennaio 2009

Il Maiale della marcigliana - parte 2

La mia missione prenatalizia era prelevare il “maiale” recuperato il giorno prima da Valerio nel Parco della Marcigliana, dal Centro di Recupero Fauna Selvatica della LIPU di Roma (dove era ricoverato per le cure necessarie) e riportarlo ai guardaparco del luogo che lo avrebbero affidato in custodia ad una gentile signora di loro fiducia. La Lipu di Roma non ha recinti in grado di “trattenere” un animale di quella stazza e bisognava agire prima che terminasse l’effetto dell’anestesia. Un trasporto di emergenza quindi, ma la prassi per noi recuperatori ARF.

Diciamo che la situazione si rivela subito un po’ più complicata...

Giunta al centro di recupero vengo accolta dalla responsabile che, come prima cosa, mi consiglia di venire a vedere il degente. A prima vista non capisco cosa sia, è un ammasso di pelo di cui non distinguo né capo né coda. Poi mi accorgo che mi manca un pezzo, mi abbasso ancora un po’ e realizzo che per accogliere il “maialino” è stato necessario unire due gabbie. Sembra un robusto ibrido, con zampe anteriori e posteriori immobilizzate, che respira regolarmente ancora sotto anestesia. Il primo problema che mi pongo sarà come trasportarlo nella vettura perché io peso meno di lui. Decidemmo di stendere un telo sul pavimento di fronte alla gabbia, per poi adagiarci sopra il nostro amico. Fortunatamente è ancora addormentato! Dico mentre la responsabile apre la porta della gabbia. Non so se sia stato il mio commento ottimistico o il rumore della gabbia, ma il bello addormentato decide proprio in quel momento che è ora di svegliarsi: tra grugniti e sobbalzi, capiamo che per sollevarlo non sarebbero sufficienti le nostre quattro femminili braccia. Quindi la responsabile va a reclutare qualche altro volontario.

Mi ritrovo sola nella stanza con lui, che ad ogni rumore si agita, tanto che alla fine esce completamente fuori dal telo. A meno di saltargli completamente sopra, non ho modo di fermarlo, dato che la nostra mole non è paragonabile (e neanche la peluria fortunatamente!). Con mia grande gioia, la responsabile torna presto accompagnata, quindi riposizioniamo il “suino” sul telo e proviamo ad issarlo: dopo un paio di prove troviamo il giusto equilibrio e ci dirigiamo al mezzo di trasporto. Apro lo sportello con una mano e facciamo un ultimo sforzo per farlo entrare con tutto il telo. Non so come ma alla fine il nostro amico si ritrova in piedi con tutta l’aria di non volersi far chiudere dentro. É necessario farlo sdraiare, quindi mentre una volontaria tira avanti le corde che lo legano, l’altra lo spinge indietro con una scopa...et voilà, è di nuovo sdraiato nel vano che ancora sobbalza sotto il suo leggiadro peso! Promettendogli che il viaggio sarà breve, lo chiudiamo e si parte.

La Salaria non è una strada di cui fidarsi: se quando sono arrivata era abbastanza scorrevole quando mi rimetto in viaggio mi avverte che molto probabilmente tradirò la mia promessa. In più il mio passeggero speciale sembra non essere un tipo molto paziente, tanto che ad ogni sosta che si prolunga più di un minuto comincia ad agitarsi, cercando sicuramente il modo per uscire. Me ne rendo conto perchè la sua ricerca si trasforma in una serie irregolare di scosse che fanno saltare tutta la vettura: sono imbottigliata nel traffico, e non ho voglia di dare spiegazioni (anche perchè chi crederebbe che sto trasportando un ibrido di maiale?!) Non ho scelta: mi sintonizzo su RadioRock e cerco di far passare i suoi tentativi di fuga per le prove del mio prossimo concerto heavy metal! In breve giungo all’appuntamento con due Guardaparco che aspettano per scortarmi fino al luogo in cui il nostro amico passerà un po’ del suo tempo futuro. Arrivati sul posto, portiamo il nostro amico nel suo nuovo recinto, ma prima dobbiamo liberarlo dai cordini. Ringrazio chi ha fatto quei nodi per avermi facilitato il viaggio: lo ringrazio un po’ meno per avermi complicato la liberazione! Con un po’ di manovre riusciamo comunque a slegarlo e in un attimo siamo fuori dal recinto, chiudendoci la porta alle spalle. L’animale si alza, si dirige barcollante sul lato opposto del recinto; sul posteriore ha due fiocchi di filo da sutura riassorbibili che le danno un’aria un po’ Piggy (a proposito, è una femmina), un po’ grottesca. Si è fatta notte e da quelle parti gli è stato preparato un giaciglio di paglia che sicuramente sarà di suo gradimento.
Chissà cosa ha capito “l’ibrido” di tutta questa storia, forse poco, in ogni caso speriamo che ogni brutto ricordo sparisca presto insieme alle ferite che in molti si sono impegnati a curare.

Maria Cristina Fieni

Il Maiale della marcigliana - parte 1

Avete mai provato a recuperare un maiale rinselvatichito? Io l’ho fatto e ve lo racconto perché ne vale la pena.

Verso l'ora di pranzo di domenica 21 dicembre mi chiama Sabrina per un recupero.
Mi dice che, dalla sommaria descrizione dei guardaparco della Marcigliana, sembra si tratti di un ibrido di maiale e siccome nel parco non ci sono né cinghiali, né maiali o relativi ibridi, i guardaparco sanno di non poterlo lasciare libero lì. Sono comunque preoccupati per destinazione e salute dell'animale che è ferito e rintanato tra i rovi di un cespuglio.
Oltre a corde e bende dovrei portarmi un trasportino per cani. Forse ne ho uno per gatti, le dico, ma tanto non lo trovo, per cui niente. Arrivo lì (senza aver pranzato) e mi trovo di fronte un animale più grande di quanto avessi immaginato.
Anche avendolo avuto il trasportino sarebbe stato inutilizzabile. Era sdraiato e nascosto tra i rovi con la coda insanguinata poiché era stato attaccato da alcuni cani. Insieme ai due guardaparco iniziamo a tagliare i rovi. Mi dice uno dei guardaparco che l'animale era lì già da un po' di tempo, stanco ed impaurito.
Finito di togliere i rami più fastidiosi facciamo un cappio con una corda per cercare di prendere l’ibrido per il muso, ma avvicinato il cappio salta su in piedi ed inizia a correre via verso la strada del parco. Nonostante l'evidente ferita e lo spavento, il maiale o quello che è, sembra reggersi molto bene sulle sue corte zampe. Ci toccherà inseguirlo sudando non poco!

Nella corsa raggiunge un circolo sportivo e noi cerchiamo di non farlo entrare tra i campi da tennis ed il bar per non spaventare le persone. Uno dei guardaparco improvvisa una gabbia con dei pianali di legno; in effetti l’animale entra ma esce tranquillamente dalla parte opposta buttando giù una parete.
Nonostante i nostri sforzi entra nel circolo sportivo (abbiamo un po' di timore di essere caricati per cui gli sbarriamo la strada finché non arriva a mezzo metro da noi, poi lo lasciamo passare… che è meglio). La gente del circolo, tra lo spaventato ed il divertito, guarda noi che rincorriamo il maiale cercando inutilmente di prenderlo al lazo. Qualcuno fotografa o filma la scena. Per fortuna il maiale è più spaventato di noi e pensa solo a scappare.
Proviamo a costringerlo in un angolo usando un telo verde ma riesce a saltare pure quello. Inizia una serie di entra ed esci dal circolo inseguendo il maiale. Intanto si è aggiunta una quarta persona a darci una mano. Decidiamo allora di spingere il maiale verso uno dei campetti da tennis esterno al circolo. Circondato da quattro persone cammina piano piano verso il campetto e con un po' di pazienza entra dentro. Almeno ora è rinchiuso in uno spazio circoscritto. Prendiamo fiato e decidiamo il da farsi. Idea! Smontiamo la rete da tennis e la tiriamo addosso al maiale per immobilizzarlo! In tre reggiamo la rete e stringiamo più volte all'angolo il maiale che però riesce a sgattaiolare di lato o a saltare la rete. Mai avrei pensato che una specie di barile con le zampe potesse essere così agile.
Intanto il quarto uomo prende un grosso secchio nero e ci segue con questo. Al quinto tentativo, con un pizzico di risolutezza in più, lanciamo nuovamente la rete sul maiale e… tutti noi ci buttiamo sopra la bestia, mentre l'uomo con il secchio copre la testa dell'animale. Ce l'abbiamo fatta! Il maiale è sotto di noi intrappolato per metà nella rete, per l’altra nel secchio nero e urla ... come un maiale.

E' terrorizzato ma lo facciamo per il suo bene. Lo leghiamo saldamente. E' immobilizzato.
Ora dobbiamo trasportarlo in macchina ma l'animale peserà almeno 50-60 kg ad occhio. Mentre io vado a riprendere l’auto per avvicinarla il più possibile, i guardaparco infilano un palo tra le zampe del maiale e lo trasportano così, come fosse pronto per il barbecue, fino alla macchina. Lo assicuriamo ai montanti laterali e della ruota di scorta con i capi sporgenti delle corde e, finalmente, dopo più di due ore posso partire con il maiale ormai in sicurezza verso il centro recupero della Lipu.

Qui vi trovo tre ragazzi che non si aspettavano certo un animale così grosso, rumoroso e pieno di energie. Ma se noi l’abbiamo preso da sveglio, loro lo potranno curare da legato e previa anestesia! Con un ultimo sforzo e aiutato dagli addetti Lipu trascino la povera bestiola nei locali del centro.

Ho compiuto il mio dovere di recuperatore ARF e posso tornarmene a casa stanco, con un po' di mal di schiena ma soddisfatto.

Valerio Viglioglia

Pecore a Natale? Sì ma sulla Cassia... e non sul grill!

Il 16 dicembre ero pronta in ghingheri per un importante appuntamento, quando mi chiama una volontaria avvisandomi che sul bordo della Via Braccianese nuova, all'altezza del tunnel in direzione di Cassia/Roma, due pecore vaganti sul territorio brucano l'erba dello spartitraffico allo svincolo per la stazione di La Storta.

La zona ha grandi aree di pascolo, ma queste pecore non fanno parte di un gregge, sono sole e a due metri dalla strada. La situazione è piuttosto pericolosa per pecore e automobilisti.
Salta il mio appuntamento e in tacchi e gonna vado sul posto a controllare la situazione.
Lì trovo due simpatiche pecorelle molto giovani, che non sembrano particolarmente preoccupate di essere solo in due. Mentre cerco di capire il da farsi, le bestiole attraversano due volte la Braccianese mettendo in difficoltà alcuni automobilisti che giungevano a una certa velocità... è evidente che la situazione è a rischio!
Mi guardo intorno e in effetti un gregge c'è, ma il pastore è sopra una collina, lontano, e non so come raggiungerlo. Imbocco una strada privata dell'Acea che costeggia i campi nel tentativo di avvicinarmi al pastore, un km più avanti trovo gli addetti dell'Acea che, mossi a pietà per le mie scarpe nuove, si infilano gli stivali e vanno al posto mio a chiamare il pastore. Questi ci dice che le pecore non sono le sue e che sono ormai giorni che questa situazione persiste senza che qualcuno intervenga. Io, abituata a gestire situazioni di emergenza, cerco la cosa più pratica e conveniente da fare per risolvere la situazione. Penso che possa essere affidare le pecore al pastore mettendole in salvo, per poi cercare con calma di risolvere la parte burocratica inevitabilmente articolata.
Parlo con il proprietario del gregge per chiedergli asilo politico per le due bestiole e scopro che lui stesso aveva denunciato il fatto dando disponibilità, ma nessuno era intervenuto.
Bene, come ARF mi mobilito ufficialmente. Mi metto d'accordo con il proprietario del gregge per la cattura e con l'ASL per i controlli sanitari. Alle 14 si partirà alla volta della cattura delle pecore vaganti.

Mentre risalgo la stradina per tornare a casa a mettermi abiti da lavoro, incrocio un signore con il suo cane e mi viene in mente che una persona che abita in zona forse sa dirmi di più. Ho fatto centro: questo signore gentile e molto motivato mi racconta che da un mese circa alcune pecore se ne vanno in giro per la zona e che ce ne sono altre 2 sui binari della linea ferroviaria Roma/Viterbo!

Alle 14 siamo sul posto io, il pastore, tre operai e.... un intero gregge di pecore per darci una mano (anzi una zampa)! Per catturare le due pecore solitarie senza traumatizzarle, si è pensato di spingerle nel gregge dove, impossibilitate alla fuga e rassicurate dalla presenza di altri simili, possono essere catturate con facilità. L'idea funziona e le due bestiole sono presto nel furgone.
Il gregge torna a casa, noi si va a prendere quelle sui binari. Sul posto, a 300 m dalla stazione di la storta, troviamo effettivamente mamma pecora e agnellino che brucano saltando da una parte all'altra dei binari, passa anche un treno nel frattempo. Come prenderle?
L'inseguimento dura un'ora e qualche km di corsa più in là il piccolo e madre sono catturati anche loro.

Per oggi possiamo dirci soddisfatti e le pecore, al sicuro, hanno ora bisogno di riposo e medicazioni. Il pastore produce formaggi e ricotte e così alla fine di questa storia mi sono portata via anche un ricco bottino culinario.

Grazie ad un pastore dal cuore tenero e spirito collaborativo ed al veterinario dell'ASL Roma E che si è messo immediatamente a disposizione per i controlli in sicurezza, quattro pecore hanno trovato accoglienza a Natale invece di finire sotto una macchina o in una pentola. Ora sono in quarantena, ma tutti speriamo che siano sane e che possano, dopo giorni sotto gli acquazzoni, unirsi presto ad altri simili in un accogliete ovile.

Chi volesse contattarci o fare una donazione per comprare il fieno a queste 4 pecorelle può scriverci a arf@soccorsofauna.com o telefonare al 3470037977.

Sabrina Calandra